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24 febbraio 2013

Ellenisti anonimi cercansi

Oggi si vota.
Senza grande passione, per quanto mi riguarda.
Anche se domani sarò lo stesso a tifare, quasi fosse una partita, ad ascoltare dati, numeri che salgono e scendono, percentuali e commenti
Mi dispiace che non ci sia più Emilio Fede. Anche togliendo il volume, solo dall'espressione della sua faccia, si capiva come andavano le cose...


Voto senza passione.
E comincio a pensare che sia colpa della politica e quindi anche colpa mia.
Premetto che il mio ideale di politica si  può riassumere in quello che, secondo Tucidide, Pericle dice agli Ateniesi nel 461 a.C.
Come capirete bene, altri tempi e altri uomini.
Purtroppo il liceo classico a volte fa questi danni, crea gente come me che "c'è rimasta col cervello" in Grecia: la Democrazia, il kaloskagathòs, l'unione di forma e sostanza, il senso dell'onore e dell'ospitalità, la civiltà, l'arte, l'alfabeto....
Credo di aver diritto a dei gruppi di auto aiuto, tipo gli "alcolisti Anonimi", tipo drogati.
Un aiuto  per poter uscire da questa idealità e poter venire a patti con la realtà, nella quale mi sento un po' come Benigni e Troisi in "Non ci resta che piangere". Fuori dai tempi.
"- Ricordati che devi morire" "- Mo' mo 'o segno!"

Davvero, noi "Ellenisti anonimi" si rischia grosso così, perchè non ci si identifica con nessuno.
Quando ci aspettiamo dai nostri politici, quelli più vicini a noi, delle parole di civiltà ("dì' qualcosa di sinistra", per dirla alla Moretti), queste non arrivano mai o arrivano tardi o non così limpidamente.
Perchè il discorso di Pericle e la mia idea di sinistra sono la stessa cosa.
Gli Ellenisti anonimi sono le persone più politicamente sole che conosca. Ma credo che siano tante.
E come era nel'età di Pericle, oggi, a maggior ragione, serve una formazione "politica" fin da  piccoli, che si respira nell'aria, nell'atteggiamento di rispetto, di cura e di interesse verso gli altri. Di protezione. Come quando i grandi a veglia fuori d'estate  sorvegliavano da lontano noi bambini che giocavamo.I bambini di tutti, non solo i propri.
Io quest'aria l'ho sentita.
Era un sentirsi uguali, senza sapere cosa volesse dire comunismo.Uguali i racconti in ogni famiglia, di fame, di paura, di fascisti e tedeschi la cui lingua ancora intimorisce. Uguali nelle canzoni che erano nell'aria, nei padri la sera in sezione per le riunioni, nelle madri che scrivevano i cartelli a mano per le manifestazioni, che insegnavano a dire "permesso", a far sedere gli anziani offrendo il proprio posto, semplicemente facendolo, dando l'esempio.
Una madre che oltre al latte e al miele mi ha insegnato che gli altri bambini, quelli più strani e magari maneschi, erano uguali a me, e che forse anche io avrei tirato a tutti se tutti mi avessero allontanata o presa in giro. Un padre diverso che, ironizzando su di sè, mi ha fatto vedere che è la dignità che serve a chi è stato sfortunato, non la pietà.Che studiare è importante, che fare sport è importante, ma che al di là dei risultati, stare con gli altri è importante.Condividere spazi, situazioni, ognuno per quanto può, per stare meglio tutti.

Non sento più quest'aria.Nessuna solidarietà.Tanta competizione e guerre, spesso tra poveri.
Senza questa formazione civica e politica di base, vedo poca speranza.Soprattutto negli elettori, quelli che pensano che indignarsi per un post su facebook abbia esaurito il loro ruolo di cittadini,  quelli pronti a dire "tutti a casa" quando leggono degli sprechi della casta ma che se brucia la casa vicina, non si curano, non è un problema anche loro.
Quindi Ellenisti anonimi cercansi. Ma non per essere curati. Ma per essere meno soli.



















21 febbraio 2013

Scritto anni fa....un mio breve racconto

LA VERTIGINE DELLA MATTINA

Alle 6.45 la sveglia suona.
Mario corre in bagno e vomita.
Vomita scalzo, come una fontana, senza nemmeno alzare la tavoletta con la mano sulla fronte come gli hanno insegnato da piccolo, per evitare le vertigini.
Tira lo sciacquone. Ma continua a tenersi la fronte con la mano destra, ancora una leggera vertigine.
Comincia anche a sentire il freddo delle mattonelle, il sudore che ha bagnato il pigiama, l’odore acido del suo vomito. Sono segnali sgradevoli che lo riportano sulla terra. Non c’è nemmeno più il tappeto. I suoi piedi non lo trovano.
La vertigine della mattina”l’aveva chiamata la prima volta, cinque anni fa e poi solo un’altra volta era tornata.
Si era preoccupato. Aveva anche fatto analisi mediche complesse. Ma niente
Mario Rastrelli, 36 anni, professione bidello, era sano.
- Lei somatizza le sue ansie, le sue preoccupazioni, provi a stare più tranquillo, a parlare di più…provi a prendersi una camomilla tutte le sere, vedrà che starà meglio – gli aveva consigliato il medico della mutua.

Alle 7.10 esce dalla doccia.
In accappatoio alle 7,17 accende la moka già preparata sul fornello in cucina.
La moka gorgoglia. Clarice la sua gatta siamese gli si struscia alle gambe e chiede croccantini insistentemente. Non vuole carezze quando è affamata. Solo cibo e il prima possibile.
Alle 7.30 chiude la porta di casa ed esce. E’ aprile, ma l’aria è ancora fredda di mattina. Con un cappello sarebbe stato meglio. Ce n’è uno a casa, giallo, ma è davvero troppo piccolo.
Alle 7.35 è davanti al cancello della scuola. Apre, dieci passi e poi il portone.
Tra un’ora la prima campanella, dopo cinque minuti la seconda.
In genere due o tre bambini arrivano in ritardo e vengono accompagnati dentro dalle mamme distratte. Sempre le solite.
Poi arriva Robertino, in cortile sulla bmx seguito dalla sua mamma giovane, anche lei su una bicicletta bianca da bambina. Lei non entra. Lo saluta senza nemmeno scendere e riparte pedalando con le scarpe lille di plastica e con una busta semivuota attaccata al manubrio.
Roberto, occhi grandi e neri, entra a scuola sempre a testa bassa, quasi a scusarsi di tutto: del ritardo, di come è vestito, della sua famiglia strana.
Si dice che il padre beva, e sia violento, che faccia il muratore e che abbia due mani enormi. Che picchi anche sua moglie.
- Non che se lo meriti, ma stesse più a casa dietro al figlio e al marito…- dicono le mamme con i foulards ai colloqui con le maestre.
Povero Robertino, ma come si fa a non intervenire?
I bambini nel frattempo stanno arrivando. Urlando. Quelli delle prime, delle quinte, con le cartelle, gli zainetti, pieni di merendine e succhi di frutta all’albicocca.
Rumorosi, quasi insopportabili.
Seconda campanella. Arrivano le maestre. Le aule si chiudono e ricomincia il silenzio finalmente.
Arrivano adesso le due mamme ritardatarie con Filippo e Gianna: II B e III C.
- Arrivederci, ci scusi abbiamo fatto tardi.
Filippo e Gianna sono già nelle loro classi.
Manca Robertino. Passano i minuti. Ma stamani proprio non arriva. Forse si sono dimenticati di svegliarlo.


Alle 10 arriva una macchina dei carabinieri, escono in due.
Vogliono parlare con la preside.
Franca, l’altra bidella, corre a chiamarla. Scende trafelata una donna tarchiata con i capelli a nido di paglia
Robertino è scomparso. I genitori si sono accorti che non era rientrato a casa, solo ieri all’’ora di cena. La preside non sa niente.
- A scuola oggi non si è visto – ripete anche Mario sconvolto- me ne sarei accorto se fosse arrivato, è sempre l’ultimo.
Una per una vengono sentite anche le insegnanti. Nulla.
Si decide si parlare anche con i compagno di classe di Robertino, la classe III B.
-Io l’ho visto mentre andavo dal dentista con mio babbo in macchina – dice tranquillo Pierluigi, un quattrocchi con l’apparecchio – era in Piazza Grande accanto alla fontana con un uomo sporco.
I carabinieri lo accerchiano, ma cercano di non spaventarlo
come sporco? Non ti ricordi come era fatto?
- Sporco, ma sporco da lavoro – dice scocciato il quattrocchi – era alto e moro.
I carabinieri tornano ad interrogare il padre, un omone con gli occhi rossi che piange come un vitello scannato. Conferma di avere salutato Robertino davanti alla fontana proprio a quell’ora.
L’ha detto pure agli altri carabinieri che lo hanno interrogato il giorno precedente.
Poi alle 17 la svolta.
Si è sparsa la voce in paese che i carabinieri si sono radunati in massa alla vecchia discarica. Qualcuno ha trovato qualcosa. Interessa molto il “qualcosa”.
Mario arriva lì ansimante, insieme a una quindicina di persone che vogliono vedere mentre si delimita il luogo con del nastro bianco e rosso. Mezzo paese è dietro quel nastro adesso.
Il padre del bambino è a capo basso appoggiato all’ambulanza. La madre è dentro che singhiozza senza lacrime come se le mancasse l’aria e lancia grida come un uccello rapace.
Intorno solo sporcizia, ferri vecchi, lampade, materassi, frigoriferi rotti
Mario disperato cerca di scorgere qualcosa, magari il padre, quel delinquente, ma c’è troppa gente davanti a lui Ma dov’è Robertino? Dov’è? Sgomita e riesce ad arrivare in seconda fila, davanti ai compagni di lavoro del padre, increduli.
Uno di loro si volta e scoppia a piangere, uscendo dalla folla. Mario si insinua e adesso vede tutto. Proprio tutto.
Una manina bianca che esce da un rotolo, un tappeto arrotolato.
- Il mio tappeto! – l’ultima cosa che riesce a pensare. Poi una vertigine forte che lo schiaccia alla terra e un colpo alla nuca. Mentre tutto si appanna, divise nere e rosse su di lui e grida ad ondate:”assassino!”.






16 febbraio 2013

Sarò docile!

"Per accogliere una rivelazione, grande o piccola che sia, basta a volte essere docili termine che indicava in origine la disponibilità a farsi istruire." (Erri De Luca)

Poniamo che debba ricevere una "rivelazione". E non ci importa se grande o piccola, in quanto spesso attribuiamo troppa importanza a eventi che si dimostrano bolle di sapone o invece, al contrario, trascuriamo leggerezze che poi vanno a pesare.
Diciamo però che per lo stato d'animo con cui la aspetto, questa "rivelazione" la sento grande, preoccupante.
Dunque, come vivere l'attesa, come far passare i giorni senza la spiacevole sensazione di essere in apnea, di non viverli appieno, ma di trascinarli fino a sera, solo per barrarli sul calendario in attesa della "sentenza" ?
In fondo, qualunque sia il responso, nessuno me li ridarà indietro  e avrò perduto quello che normalmente amo di più: vivere ogni momento, "ascoltare le piccole cose".

Invece nei momenti più difficili, apnea, rimozione e fuga.La fuga è la via più facile per me. Sconsigliata vivamente ai pragmatici e a chi non ha immaginazione.
Mi parte in automatico.Basta essere ottimisti, ma di quell'ottimismo magico dei bambini. Non pestare le righe del pavimento, dire "tua" (la sfiga!) quando passa un' ambulanza, sapere che se vedi la scia di un aereo per prima, sei amata, che se ti prude il naso dentro (o fuori, non me lo ricordo mai) sono baci, se invece fuori (o dentro?) sono schiaffi, che se conti fino a 10 e non passa una macchina rossa o un gabbiano o un asteroide o tutto quello che hai deciso tu, niente si avvera...

Non proprio così, chiaramente, era solo per farvi avvicinare a cosa intendevo, ma sicuramente inizia la  fuga in un luogo sicuro, per quanto irreale. E potrebbe anche funzionare se non ci fosse quel rompiscatole del corpo, che per citare il titolo di un libro della Yoshimoto, sa tutto. Davvero.
E si sfoga con te, facendoti venire bolle in faccia, mal di testa...ad ognuno qualcosa di diverso, ma solo per esortarti ad aprire gli occhi, e ad uscire da Mirabilandia, ad andare ad affrontare l'attesa semplicemente vivendola, accogliendo paure, ansie, riconoscendo la tua docilità.
Perchè qualunque sia la rivelazione dopo l'attesa, tu sei disponibile ad accettarla e ad imparare a trasformarla nella  migliore delle occasioni per te.



12 febbraio 2013

La neve tornerà come un pretesto

Fin da quando la intuisco dalla luce che filtra più bianca e rarefatta dalle persiane della camera, ecco il vortice di festa nello stomaco, di vacanza, di pallate antiche davanti a scuole chiuse.
La neve dà il permesso per una precarietà gioiosa, mentre lavoro con lo sguardo alla finestra, pronta allo sconvolgimento dell'ordine, per un eventuale  ritorno a casa anticipato per cui non posso sentirmi in colpa. Mi agita tranquillamente, per usare un ossimoro
C'è il ritornello di una bella canzone di Battisti, il cui titolo ho recuperato grazie  a Google,che mi segue da stamattina "La neve  tornerà come un pretesto..." http://youtu.be/VxIsqxJmWic
Mi spiego solo adesso che mi fermo a pensare, il pretesto per cosa.
Per ritrovare una sensazione che  non esiste più: esser senza pensieri.
Un po' come quando da piccolo giocando con gli amichetti cadevi e ti sbuccicavi le ginocchia ma niente poteva interrompere quel divertimento, bastava un pò di saliva e strusciare con il dito. Nessun pensiero se non gioia pura. Ci pensavano gli adulti a rovinare tutto. Tua mamma  che voleva che venissi in casa a curare la ferita  e a mettere il cerotto e non capivi il motivo dato che stavi bene, meglio sicuramente di quando mettevi il disinfettante che bruciava da matti.
Solo la neve mi dà questo permesso, un permesso molto limitato a vivere senza pensieri,sospesa nel momento.
Che mi godo gelosamnete perchè so che finirà tra poco, quando dalla meraviglia di bambina, passerò ai pensieri degli adulti, della neve sulle strade che è pericolosa, dell'economia che si blocca col maltempo, del "proprio oggi doveva nevicare?", come se nulla fosse più rimandabile. Quando passo dalla saliva al disinfettante insomma.
Ho invidiato Bimbi, la mia gatta, quando stamattina uscendo insieme, lei si è girata verso di me con aria interrogativa come se domandasse "Cos'è questa roba fredda che cade?"
Eppure la conosce la neve, ma ogni volta  sembra perdere memoria e torna  a meravigliarsi e ad annusare l'aria, a chiedersi cosa sia questo miracolo
Ecco,ogni tanto scordiamoci chi siamo. Diventiamo bambini o animali. Lasciamoci meravigliare.

10 febbraio 2013

Il piacere è tutto Vio!

Da qualche parte si dovrà pure iniziare...
In genere ci si presenta, perché oltre a chi ci conosce, c'è sempre qualcuno che ignora chi noi siamo.
Questo qualcuno sbaglierà il mio nome, mi chiederà dieci volte se sono italiana e dopo averglielo confermato, all'undicesima rimarrà comunque convinto che io sia rumena o moldava.
Poco importa.
Io sono una che quando c'è da presentarsi , è talmente emozionata che non ascolta il nome di chi le sta stringendo la mano, nemmeno se glie la stritola. E in tal caso bisognerebbe spiegare a certi uomini che presentarsi ad una ragazza non è una gara alla “Over the top”. E che, al contrario, neppure porgere una mano dalla consistenza di un petto di pollo, è un bel gesto.
Non mi piace presentarmi. E' come se parlassi di qualcun altro, la cui vita lineare e un po' noiosa non avesse guizzi, stranezze, manie. Una vita ordinaria. E non è la mia. Me ne accorgo ogni giorno che passa.
Mi risulta difficile anche descrivermi per negazione.
"Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo" dice Montale.
E' un po' come dire “Non so fare 13 alla schedina , né tanto meno zero”.
E quindi abbiate pazienza se mi descrivo come mi diverte di più: giocare con le parole,dare indizi bislacchi perché ognuno mi immagini un pochino alla volta. E quello che è più bello si nasconde tra le pieghe e non è visibile agli occhi di chi non ha curiosità di vedere.
Dunque, dunque...Ecco chi è Vio:
Ride con il sole e con il tramontano. Anche quando prende vagonate di pioggia senza ombrello, ma preferisce il sole.

Annuisce e ridacchia anche quando non ha udito cosa le è stato detto (e magari si parla di stragi e incidenti !! Opppss)

Ha occhi liquidi e le piace la matita nera. Ma non è bello trasformarsi in panda sebbene siano razza protetta.

Dice che dorme solo ancora 5 minuti, e se la chiamano di domenica mattina, sta qualche secondo a fare la “prova voce”
- Stavi dormendo?hai una voce...
- Nooooo, figurati, a quest'ora (c***o, sgamata!)

Odia portare fuori la spazzatura, crede che il porta a porta sia una tortura.

Le viene un sorriso enorme quando vede la scena del bacio in “Notting Hill” e Hugh Grant dice “surreale ma bello”.
Scrive sul divano con il portatile sulle gambe incrociate, con la gatta matta che le dorme accanto e che ogni volta che suona il cellulare, le morde il gomito in cerca di assoluto silenzio ed esclusiva cura.

E' dipendente da gallette di riso.

Colonizza il divano con tutto quello che vuole avere accanto a sé:un Erri De Luca e un Ernesto Sabato acquistati ieri, appena sfogliati prima di gustare il vero inizio, una rivista di arredamento che da due giorni è aperta su un letto meraviglioso di design, da vincere solo inventando uno slogan. E da due giorni la fantasia ha tirato giù il bandone con un bel “Chiuso per ferie”.
Un plaid modello “poeri vecchi, si rassega daiddiaccio”e la scatola del Vivin C che nonostante il mal di testa, si scorda di prendere.

E' l'unica che va a correre sull'argine dell'Arno con Guccini, De Gregori e company nell' ipod.
Infatti non corre. Cammina. Quando arriva “Viva la Vida” dei Coldplay” o “Strong Enough” di Cher però ha un sussulto di orgoglio e fa una mezza corsettina, giusto il tempo della canzone.

Raccoglie conchiglie, fiori e sassi e poi inventa qualcosa per rendere la vita più bella

Dopo la visione de “Il Signore degli anelli” è stremata e felice perchè ha combattuto anche lei contro il male con tutti loro e soprattutto con Aragorn.

Va in brodo di giuggiole se vede qualche scritta in greco e, come ne “Il grosso grasso matrimonio greco” crede appunto che tutto derivi da quella lingua meravigliosa. A volte a sproposito.

E poi ha un segreto. Quando è giù e tutto sembra pesante e più grande di lei, sa risollevarsi e asciugare le lacrime. Braccio di Ferro aveva gli spinaci, lei ha l'aroma del basilico..non a caso Basilikos in greco antico significa....ahahahahah