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27 gennaio 2015

La leggerezza dell'oblio ai tempi di Google


Tutto deve essere leggero.
Si comincia con il corpo, magro.Leggero appunto.
Si continua con gli indumenti, vestiti, valige, biciclette, borse, computer.
Tutto con il minor ingombro,con il minor peso, con il materiale più impalpabile  o più tecnologico.
Come se tutto dovesse essere portato con sé, nel viaggio di ogni giorno, come se fossimo sempre precari e ci portassimo dietro la nostra casa racchiusa in quattro stracci, un pc e un cellulare che usiamo per riporre la memoria.
A cui deleghiamo la nostra memoria.

Alle elementari ci facevano imparare a memoria qualche poesia.
Dai tempi del liceo nella mia testa ancora versi di Dante che tornano nelle situazioni
adatte perché non esistono parole migliori e sintesi più efficaci di quelle.
All'università, il giorno prima di ogni esame, pensavo di essere il Masotti figlio di "Bar Sport" di Benni che, nel lavarsi la testa, sciacquava via nello scarico anche quelle quattro nozioni mal cementate dello studio matto e disperatissimo dell'ultima ora,
La sensazione era quasi fisica: che non ci potessero entrare più informazioni nella tua testa,che qualsiasi altra riga avessi letto di quel libro, non ti sarebbe mai rimasta nella memoria.
 Ma ogni volta ci entrava e tu continuavi ad inglobare sempre più informazioni, sempre più conoscenze che richiamavi alla mente quando volevi e potevi farne entrare ancora e ancora e ancora... Il tuo cervello era elastico, allenato e  veloce. Aveva quasi fame di quello che tu gli davi, Rubava e immagazzinava anche quando non ti accorgevi di farlo coscientemente.

Poi arriva Google. Ed è una meraviglia.
Tutto lo scibile in un click.
Io lo chiamo ancora "Il mio amico Google" e in lui mi rifugio spesso, quasi ogni giorno quasi fosse un oracolo per chiedere lumi su quello che non so, quando voglio sanare falle o ignoranze in pochi minuti.
Sono però consapevole che è un falso amico, se mi affido troppo.
Perché Google ci rende leggeri e passivi.
Non abbiamo più bisogno di essere presenti a noi stessi, di sforzarci di tenere a mente date, nomi, versi. situazioni perché Google ricorda per noi.
E' una enorme memoria esterna che serve ad alleggerite le nostre teste che diventano sempre più leggere e vuote.
Ecco perché facciamo tragedie se perdiamo i nostri smartphone, pc o tablet: a loro affidiamo la nostra memoria e non la serbiamo più per noi.Dentro di noi.
E pensare che non avremo neanche più bisogno della "miracolosa" pillola di Maccio Capatonda (di "Italianomedio") per usare il 2% del cervello invece che il 20% delle potenzialità.
Siamo già sulla buona strada...