Adesso possiamo chiamarle di nuovo "Feste de L'Unità". E "L'Unità" chiude.
Strano il destino.
Non chiude un giornale. Chiude il giornale fondato da Antonio Gramsci nel 1924, quello che riconoscevi da lontano per la linea e l'apostrofo rosso.
Quello che sembrava immortale perchè consueto.
A casa dei miei c'è sempre stato ogni domenica. Da piccola per me era "il giornale", che veniva spostato, al momento dei lunghi pranzi domenicali di arrosti, dal tavolo di cucina ai mobili con i centrini. E poi di nuovo sul tavolo dopo pranzo, dove mia mamma lo leggeva a voce alta a mio babbo.
Poi, cresciuta, lo sfogliavo, lo leggevo, lo criticavo anche. Collezionavo le videocassette del cinema volute da Veltroni, che poi sono sparite in cantina e poi forse in un cassonetto. Criticavo il formato piccolo de "L'Unità" di Concita De Gregorio. Non mi è mai piaciuto, cosi' come mi disturbò la pubblicità di una minigonna per promuovere questa nuova taglia"mini".
Era comunque il mondo di Alice, che, ancora piccola, vendeva il giornale alla Festa de l'Unità nazionale, dicendo"Compagni, comprate l'Unità, dice solo verità".
Alice è una mia amica, ha qualche anno meno di me e non ci tiene alla pubblicità. Però qualcosa mi ha raccontato.Delle partenze all'alba in pullman con i genitori e con altri volenterosi compagni empolesi, che erano i piu' bravi a vendere. Di lei e di sua sorella che crollavano sfinite accanto ai genitori solo durante il comizio di chiusura della festa.
Chiude un giornale e si chiude un mondo.
Un mondo fatto di persone, di facce e di storie.
Di volontari che lo hanno portato nelle case di ogni paese la domenica quando invece avrebbero potuto dormire, di giornalisti affezionati e capaci senza piu' lavoro, e anche di noi che un pochino ci piaceva credere che "l'Unità" dicesse solo la verità.
<Mi scuso per qualche vocale accentata con l'apostrofo: il mio portatile da qualche giorno non ne vuol sapere di accenti, numeri e aperture di parentesi...per protesta, credo....è anche lui solidale con "l'Unità"...>
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30 luglio 2014
15 giugno 2014
I mondiali:partita "epica" ed altri aggettivi a caso
A me il calcio non piace. Più che vederlo, lo "ascolto".
Mi piace invece osservare le facce di chi guarda lo schermo, si imparano tante cose.
E le facce di chi guarda non trasaliscono quando Prandelli definisce la partita, vinta 2 a 1 contro l'Inghilterra, "epica".
Epico, riprendendo il dizionario Treccani, è ciò che è pertinente alla narrazione poetica di gesta eroiche.Per estensione, cose, fatti, situazioni, o anche luoghi, che per carattere o aspetto suggeriscono e evocano il senso dell’eroico, del leggendario, del grandioso.
Un tantino esagerato questo aggettivo per una partita, per questa partita.
Personalemente credo che l'epica abbia bisogno di tre cose:
1) del tempo che passa sopra all'evento.
E Prandelli non ha aspettato il "giudizio della storia" neppure la fine dell'avventura dei mondiali.
La prima partita non può essere epica. E' una partita e punto. Giocata bene o giocata male.
2) della narrazione che se ne fa dell'evento che è appunto solo una cronaca a caldo. Non c'è stato tempo per "raccontarsela", per descriverla, per metterla in scena, cantarla...("Messico e nuvole" di Jannacci docet).
3) della sofferenza e degli intoppi del destino, che, scusatemi, non ho visto.
Sarà che alle medie avevamo l'ora di epica e leggevamo di Ettore e di Achille, del sacrificio dei 300 spartani alle Termopili...ecco appunto... di sofferenze vere che creavano anche l'identità di un popolo.
Basterebbe conoscere le parole che si usano e se non si conoscono, non usarle. E poi evitare frasi fatte sensazionali, non "sparare alto" su qualcosa di piccolo perchè si ottiene il risultato contrario, cioè quel non mascherabile senso del ridicolo...
E quindi parliamo "terra terra" di un gioco che alza zolle.
Di "sontuoso" ("passaggio sontuoso" detto dal cronista della rai) c'è lo stipendio dei nostri azzurri che corrono su campi tinti di verde per imitare l'erba che non c'è.
"I ragazzi hanno fatto una bella prova" è più che sufficiente (e scusatemi se rido di "ragazzi" che nella mia memoria bambina, sono i dobermann di Magnum PI)
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