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16 luglio 2015

E alcuni audaci (e le Winx) in tasca l 'Unità

L'Unità, la nuova Unità, è brutta.
Allude, strizza l'occhio alle passate edizioni, ma se la guardi con attenzione intravedi la magagna o un particolare che stride. Ancora prima di leggerla.
E così ti senti ingannato
Un po' come guardare un film sugli antichi romani e scorgere un orologio al polso.
Sarebbe meglio chiamarla "L'Umidità" come faceva Topolino che indossava scarpe "abibas" o beveva lattine di "fanza".
Almeno il taroccamento sarebbe evidente e il lettore non si sentirebbe ingannato.

Il rettangolo rosso allungatissimo e stirato in cui è inserito il nome della testata in bianco mi fa venire in mente quando alle medie si aveva poco da dire nei compiti e si scriveva grande per "prendere posto".
Senza contare che  in alto a destra proprio accanto alla scritta "fondato da Antonio Gramsci nel 1924",  ho visto  in vari giorni susseguirsi le Winx, Superman e Djokovich con coppa in mano.
Umoristi incompresi.

E poi quei tocchi di verde, per quel "volemose bbene" italiota nell'apostrofo....
C'è un altro piccolo punto di verde sulla testata: è il prezzo.
Sono scelte di mettere in evidenza qualcosa. Vuol dire "siamo al verde"?

Ho ascoltato il direttore in tv una di queste notti ospite da Marzullo.
E non sapevo neppure che fosse un giornalista.
Lo ammetto:è ignoranza mia.
Ma  sicuramente negli ultimi anni Erasmo D'Angelis è stato più  famoso in qualità di presidente di  Publiacqua, con le tariffe più care d'Italia, con guadagni alti e investimenti bassi, come testimonial di fontanelli e come fiero sostenitore dei no al referendum sull'acqua pubblica del 2011.
Oppure come sottosegretario ai trasporti e alle infrastrutture.
 Spiegava l'importanza delle immagini di grande formato sul suo giornale,
Beh si le Winx in effetti...
Citava anche il suo maestro Luigi Pintor. Mi sono appassionata.
 E' qui che ho scoperto che fosse un giornalista. Pure de "Il manifesto"!
Però tra il caldo, il sonno che arrivava, Marzullo che mi ipnotizza e D'Angelis che pareva parlasse del giornalino scolastico, sono andata  a letto con una unica e urgente domanda "Cosa stiamo andando?"



14 aprile 2015

Amo l'umanità. E' la gente che non sopporto

Io li adoro quelli che sbagliano i congiuntivi in maniera sistematica, quelli che li mettono in fila, tipo "bisogna che venghino e che vedino", quelli che non li hanno mai imparati e non sanno neppure a cosa servano, come io con tutta la matematica dopo le divisioni a due cifre.
Senza parlare del coup de theatre del "dasse"...

E quanto fa ridere chi commenta che non c'è più la par condiscion ( e neppure le mezze stagioni, chiaramente)? Non c'è mai stata. Mai esistita, almeno pronunciata così...

Quelli che pensano di essere fighi a dire "piuttosto che" e godono nel pronunciarlo tante volte, (sempre nel senso sbagliato) calcando sulla "u"e preparando le labbrucce strette strette?
Quante mazzate gli dareste???

Essere presbite è un difetto di vista o lo status di un prete?

E se ti dicono "tienimi in stand byke"intendono fare spinning legati al sellino nell'attesa?
 Una sorta di girone dantesco di anime sudate condannate  a sfogliare dizionari di inglese in eterno.


E dopo che ti hanno interrotto, hanno pure il coraggio, rivolgendosi a te, di dire "Dici,Dici!"

Io amo  l'umanità. E' la gente che non sopporto. (Per dirla alla Schulz di "Linus")




27 gennaio 2015

La leggerezza dell'oblio ai tempi di Google


Tutto deve essere leggero.
Si comincia con il corpo, magro.Leggero appunto.
Si continua con gli indumenti, vestiti, valige, biciclette, borse, computer.
Tutto con il minor ingombro,con il minor peso, con il materiale più impalpabile  o più tecnologico.
Come se tutto dovesse essere portato con sé, nel viaggio di ogni giorno, come se fossimo sempre precari e ci portassimo dietro la nostra casa racchiusa in quattro stracci, un pc e un cellulare che usiamo per riporre la memoria.
A cui deleghiamo la nostra memoria.

Alle elementari ci facevano imparare a memoria qualche poesia.
Dai tempi del liceo nella mia testa ancora versi di Dante che tornano nelle situazioni
adatte perché non esistono parole migliori e sintesi più efficaci di quelle.
All'università, il giorno prima di ogni esame, pensavo di essere il Masotti figlio di "Bar Sport" di Benni che, nel lavarsi la testa, sciacquava via nello scarico anche quelle quattro nozioni mal cementate dello studio matto e disperatissimo dell'ultima ora,
La sensazione era quasi fisica: che non ci potessero entrare più informazioni nella tua testa,che qualsiasi altra riga avessi letto di quel libro, non ti sarebbe mai rimasta nella memoria.
 Ma ogni volta ci entrava e tu continuavi ad inglobare sempre più informazioni, sempre più conoscenze che richiamavi alla mente quando volevi e potevi farne entrare ancora e ancora e ancora... Il tuo cervello era elastico, allenato e  veloce. Aveva quasi fame di quello che tu gli davi, Rubava e immagazzinava anche quando non ti accorgevi di farlo coscientemente.

Poi arriva Google. Ed è una meraviglia.
Tutto lo scibile in un click.
Io lo chiamo ancora "Il mio amico Google" e in lui mi rifugio spesso, quasi ogni giorno quasi fosse un oracolo per chiedere lumi su quello che non so, quando voglio sanare falle o ignoranze in pochi minuti.
Sono però consapevole che è un falso amico, se mi affido troppo.
Perché Google ci rende leggeri e passivi.
Non abbiamo più bisogno di essere presenti a noi stessi, di sforzarci di tenere a mente date, nomi, versi. situazioni perché Google ricorda per noi.
E' una enorme memoria esterna che serve ad alleggerite le nostre teste che diventano sempre più leggere e vuote.
Ecco perché facciamo tragedie se perdiamo i nostri smartphone, pc o tablet: a loro affidiamo la nostra memoria e non la serbiamo più per noi.Dentro di noi.
E pensare che non avremo neanche più bisogno della "miracolosa" pillola di Maccio Capatonda (di "Italianomedio") per usare il 2% del cervello invece che il 20% delle potenzialità.
Siamo già sulla buona strada...
























30 luglio 2014

La sottile linea rossa.... Si chiamava "L'Unità"

Adesso possiamo chiamarle di nuovo "Feste de L'Unità". E "L'Unità" chiude.
Strano il destino.
Non chiude un giornale. Chiude il giornale fondato da Antonio Gramsci nel 1924, quello che riconoscevi da lontano per la linea e l'apostrofo rosso.
Quello che  sembrava immortale perchè consueto.
A casa dei miei c'è sempre stato ogni domenica. Da piccola per me era "il giornale", che veniva spostato, al momento dei lunghi pranzi domenicali di arrosti, dal tavolo di cucina ai mobili con i centrini. E poi di nuovo sul tavolo dopo pranzo, dove mia mamma lo leggeva  a voce alta a mio babbo.
Poi, cresciuta, lo sfogliavo, lo leggevo, lo criticavo anche. Collezionavo le videocassette del cinema volute da Veltroni, che poi sono sparite in cantina e poi forse in un cassonetto. Criticavo il formato piccolo de "L'Unità" di Concita De Gregorio. Non mi è mai piaciuto, cosi' come mi disturbò la pubblicità di una minigonna per promuovere questa nuova taglia"mini".

Era comunque il mondo di Alice, che, ancora piccola, vendeva il giornale alla Festa de l'Unità nazionale, dicendo"Compagni, comprate l'Unità, dice solo verità".
Alice è una mia amica, ha qualche anno meno di me e non ci tiene alla pubblicità. Però qualcosa mi ha raccontato.Delle partenze all'alba in pullman con i genitori e con altri volenterosi compagni empolesi, che erano i piu' bravi a vendere. Di lei e di sua sorella che crollavano sfinite accanto ai genitori solo durante il comizio di chiusura della festa.

Chiude un giornale e si chiude un mondo.
Un mondo fatto di persone, di facce e di storie.
Di volontari che lo hanno portato nelle case di ogni paese la domenica quando invece avrebbero potuto  dormire, di giornalisti affezionati e capaci senza piu' lavoro, e anche di noi che un pochino ci piaceva credere che "l'Unità" dicesse solo la verità.



<Mi scuso per qualche vocale accentata con l'apostrofo: il mio portatile da qualche giorno non ne vuol sapere di accenti, numeri e aperture di parentesi...per protesta, credo....è anche lui solidale con "l'Unità"...>




15 giugno 2014

I mondiali:partita "epica" ed altri aggettivi a caso


A me il calcio non piace. Più che vederlo, lo "ascolto".
Mi piace invece osservare le facce di chi guarda lo schermo, si imparano tante cose.
E le facce di chi guarda non trasaliscono quando Prandelli definisce la partita,  vinta 2 a 1 contro l'Inghilterra, "epica".

Epico, riprendendo il dizionario Treccani, è ciò che è pertinente alla narrazione poetica di gesta eroiche.Per estensione, cose, fatti, situazioni, o anche luoghi, che per carattere o aspetto suggeriscono e evocano il senso dell’eroico, del leggendario, del grandioso.
Un tantino esagerato questo aggettivo per una partita, per questa partita.

Personalemente credo che l'epica abbia bisogno di tre cose:
1) del tempo che passa sopra all'evento.
E Prandelli non ha aspettato il "giudizio della storia" neppure la fine dell'avventura dei mondiali.
La prima partita non può essere epica. E' una partita e punto. Giocata bene o giocata male.
2) della narrazione che se ne fa dell'evento che è appunto solo una cronaca a caldo. Non c'è stato tempo per "raccontarsela", per descriverla, per metterla in scena, cantarla...("Messico e nuvole" di Jannacci docet).
3) della sofferenza e degli intoppi del destino, che, scusatemi, non ho visto.
Sarà che alle medie avevamo l'ora di epica e leggevamo di Ettore e di Achille, del sacrificio dei 300 spartani alle Termopili...ecco appunto... di sofferenze vere che creavano anche l'identità di un popolo.

Basterebbe conoscere le parole che si usano e se non si conoscono, non usarle. E poi evitare frasi fatte sensazionali, non "sparare alto" su qualcosa di piccolo perchè si ottiene il risultato contrario, cioè quel non mascherabile senso del ridicolo...
E quindi parliamo "terra terra" di un gioco che alza zolle.
Di "sontuoso" ("passaggio sontuoso" detto dal cronista della rai) c'è lo stipendio dei nostri azzurri che corrono su campi tinti di verde per imitare l'erba che non c'è.
"I ragazzi hanno fatto una bella prova" è più che sufficiente (e scusatemi se rido di "ragazzi" che nella mia memoria bambina, sono i dobermann di Magnum PI)

22 novembre 2013

Lascia tutto e seguiti.... e attenta a dove cammini.

Lo so che in questo autunno ci sono drammi peggiori: i tifoni, le alluvioni, le telefonate della Cancellieri, i capelli che cadono, le caldaie che non partono...
Ma i patimenti delle coppie che si lasciano? Perchè le coppie, o almeno quasi tutte quelle che conosco io, si sono date appuntamento questo autunno per mollarsi.
Ecco qualche breve suggerimento, giusto così per sopravvivere a questi dolori di stagione.
Se si considera la vita come una grande stagione...

1) Evitate la schizofrenia (specialiste le donne!)
   Care amiche schizofreniche, prendete una decisione: il vostro ex che vi ha appena lasciate non può essere un giorno il mostro di Milwakee, e il giorno dopo l'eroe dei due mondi  a seconda dei ricordi che tirate in ballo, del vostro umore o dei vostri ormoni.
Sospendete il giudizio. Fate passare del tempo tra smoccicamenti, lacrime e letargo.
Magari, nella migliore delle ipotesi, scoprirete a mente fredda che era solo un uomo (magari con la U minuscola!)

2) Non continuate a farvi del male (specialiste le donne!)
   Ci sono delle cose che sapete bene che vi fanno male ma da cui siete attratte come api dal miele.
Assolutamente vietato: ascoltare ossessivamente le canzoni del vostro primo incontro, analizzare il suo profilo facebook parola per parola, dichiarare morte all'ultima donna inserita tra le sue amicizie, controllare whatsApp ogni tre secondi e vedere quando lui scrive. Immaginare anche  a chi e cosa scriva.
Togliere lo stato sentimentale su fb di "Impegnata" e sostituirlo con il finto allegro "vedova".
Inoltre un consiglio serio: tagliatevi le mani. Messaggi, messaggini, whatsApp e telefonate lamentose arricchiscono le compagnie telefoniche ma non la vostra autostima.


3) Liberatevi dai fantasmi (specialiste le donne nel crearli)
Dimenticate coincidenze, armonie astrologiche e il suono del suo nome.
Tenete bene a mente le frasi "non mi era mai successo con nessuna","è come se ti avessi sempre conosciuta", "Ti amo" e fatevi venire l'orticaria ogni volta che avrete l'occasione di risentirle dire da un uomo.  Se sono scritte ancora meglio, "scripta manent" dicevano i latini.


4) Perdonatevi.
 Non reciprocamente, questo non importa.
Perdonate voi stesse. Per essere state così cretine da scambiare un rospo per un principe, per aver solo sospettato che le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, fossero le sue, tanto per citare Montale. Per non aver creduto ai mille segnali intorno e dentro di voi.
Perchè tutti si sbaglia. Altrimenti come potrebbero mai avere avuto amore  malati di mente, egoisti, narcisisti, bugiardi patentati, se non ci fossimo state noi?
Se vi sembra che mi stia togliendo qualche sassolino dalle scarpe, pensatelo pure. Pensate bene



5)  "Lascia tutto e seguiti"
    ... e attenta  a dove cammini stavolta......








11 novembre 2013

Ferite reali di giochi virtuali

Ho ritrovato la pagina di un giornale di un paio di mesi fa che avevo conservato, in cui si dava notizia di un fatto curioso che mi aveva colpito. Due sposi in crisi, dopo aver scoperto che la persona di cui si erano innamorati in una chat su internet non era altro che il reciproco coniuge, decidono di divorziare.


Non capivo perchè questa storia modesa, consumata in una piccola città della Serbia, mi avesse colpito tanto allora, ma l'ho capito oggi.
Perchè questa notizia aveva in sè delle mie "ossessioni":l' inganno e l'identità.

Sono gemella e pur non avendolo mai fatto, ho avuto negli anni della scuola la possibilità, diciamo pure il potere, di ingannare sulla mia reale identità.
Con i documenti di mia sorella in borsa, io smetterei di essere Viorica da un momento all'altro, almeno per chi non mi consoce bene e potrei cominciare una esistenza diversa. Nemmeno la prova del DNA aiuterebbe a discernere le nostre identità: in quanto gemelle omozigote abbiamo lo stesso DNA.  Terribile e meraviglioso insieme.
L'unico esempio in natura.

Ma quella notizia, oltre che per questioni diciamo così, "familiari", mi ha colpita perchè quello della menzogna, dell'inganno a se stessi e agli altri, è il tema della nostra epoca.
Per i nostri sposi la scoperta della loro reale identità svela un doppio inganno.
Il primo è l'inganno che ciascuno aveva perpetrato ai danni dell'altro compagno di vita.
C'è di peggio, lo so.
Il secondo inganno invece è quello più grave, è verso se stessi e riguarda la propria identità.
Quando il rapporto virtuale diventa reale, nasce l'impossibilità per entrambi di perseverare nella menzogna, nella finzione del proprio io.
Ognuno ha inventato un proprio sè a misura dell'interlocutore,  non con cattive intenzioni poichè probabilmente quello era veramente il sè che ciascuno desiderava davvero...

Ecco, mi stavo domandando quanto con internet e facebook ciascuno di noi finga o si costruisca un "personaggio" (magari non poi così distante da quello che in realtà è) e quanto potrebbe andare lontano nella finzione....
Tra gli "amici" di tante persone, profili falsi, persone inventate che non esistono nella realtà ma che esistono in quella terra virtuale dove l'immaginazione gioca ancora un posto di primaria importanza.
Donne (o presunte tali) che hanno come immagine del profilo modelle bellissime, gambe inguainate in calze nere o altre foto seduttive...
Nonostane si sappia che non rappresentino quella persona, si gioca a lasciare che gli altri, ci colleghino a quella immagine che accende un immaginario particolare. Lo stesso fanno alcuni uomini (o presunti tali), nonostante magari leghino la loro immagine a uomini valorosi, a simboli.
Si sa che l'immaginario maschile è più legato al "visivo", mentre quello femminile è più "evocativo"....

Io lo ritengo un gioco, ma un gioco con un meccanismo direi "pericoloso".
Non c'è cosa che più attragga del sogno.
L'immaginario che scavalca la realtà. E' come innamorarsi di un marchio, di un brand.
Ricerchi  illusioni,sogni e desideri. Non persone reali.
Quindi, se comunque si sa che è un gioco virtuale, si sia sempre attenti e consapevoli che le ferite possono essere reali.