LA
VERTIGINE DELLA MATTINA
Alle
6.45 la sveglia suona.
Mario
corre in bagno e vomita.
Vomita
scalzo, come una fontana, senza nemmeno alzare la tavoletta con la
mano sulla fronte come gli hanno insegnato da piccolo, per evitare le
vertigini.
Tira lo
sciacquone. Ma continua a tenersi la fronte con la mano destra,
ancora una leggera vertigine.
Comincia
anche a sentire il freddo delle mattonelle, il sudore che ha bagnato
il pigiama, l’odore acido del suo vomito. Sono segnali sgradevoli
che lo riportano sulla terra. Non c’è nemmeno più il tappeto. I
suoi piedi non lo trovano.
“La
vertigine della mattina”l’aveva chiamata la prima volta, cinque
anni fa e poi solo un’altra volta era tornata.
Si era
preoccupato. Aveva anche fatto analisi mediche complesse. Ma niente
Mario
Rastrelli, 36 anni, professione bidello, era sano.
- Lei
somatizza le sue ansie, le sue preoccupazioni, provi a stare più
tranquillo, a parlare di più…provi a prendersi una camomilla tutte
le sere, vedrà che starà meglio – gli aveva consigliato il medico
della mutua.
Alle
7.10 esce dalla doccia.
In
accappatoio alle 7,17 accende la moka già preparata sul fornello in
cucina.
La moka
gorgoglia. Clarice la sua gatta siamese gli si struscia alle gambe e
chiede croccantini insistentemente. Non vuole carezze quando è
affamata. Solo cibo e il prima possibile.
Alle
7.30 chiude la porta di casa ed esce. E’ aprile, ma l’aria è
ancora fredda di mattina. Con un cappello sarebbe stato meglio. Ce
n’è uno a casa, giallo, ma è davvero troppo piccolo.
Alle
7.35 è davanti al cancello della scuola. Apre, dieci passi e poi il
portone.
Tra
un’ora la prima campanella, dopo cinque minuti la seconda.
In
genere due o tre bambini arrivano in ritardo e vengono accompagnati
dentro dalle mamme distratte. Sempre le solite.
Poi
arriva Robertino, in cortile sulla bmx seguito dalla sua mamma
giovane, anche lei su una bicicletta bianca da bambina. Lei non
entra. Lo saluta senza nemmeno scendere e riparte pedalando con le
scarpe lille di plastica e con una busta semivuota attaccata al
manubrio.
Roberto,
occhi grandi e neri, entra a scuola sempre a testa bassa, quasi a
scusarsi di tutto: del ritardo, di come è vestito, della sua
famiglia strana.
Si dice
che il padre beva, e sia violento, che faccia il muratore e che abbia
due mani enormi. Che picchi anche sua moglie.
- Non
che se lo meriti, ma stesse più a casa dietro al figlio e al
marito…- dicono le mamme con i foulards ai colloqui con le maestre.
Povero
Robertino, ma come si fa a non intervenire?
I
bambini nel frattempo stanno arrivando. Urlando. Quelli delle prime,
delle quinte, con le cartelle, gli zainetti, pieni di merendine e
succhi di frutta all’albicocca.
Rumorosi,
quasi insopportabili.
Seconda
campanella. Arrivano le maestre. Le aule si chiudono e ricomincia il
silenzio finalmente.
Arrivano
adesso le due mamme ritardatarie con Filippo e Gianna: II B e III C.
-
Arrivederci, ci scusi abbiamo fatto tardi.
Filippo
e Gianna sono già nelle loro classi.
Manca
Robertino. Passano i minuti. Ma stamani proprio non arriva. Forse si
sono dimenticati di svegliarlo.
Alle 10
arriva una macchina dei carabinieri, escono in due.
Vogliono parlare con la preside.
Vogliono parlare con la preside.
Franca,
l’altra bidella, corre a chiamarla. Scende trafelata una donna
tarchiata con i capelli a nido di paglia
Robertino
è scomparso. I genitori si sono accorti che non era rientrato a
casa, solo ieri all’’ora di cena. La preside non sa niente.
- A
scuola oggi non si è visto – ripete anche Mario sconvolto- me ne
sarei accorto se fosse arrivato, è sempre l’ultimo.
Una per
una vengono sentite anche le insegnanti. Nulla.
Si decide si parlare anche con i compagno di classe di Robertino, la classe III B.
Si decide si parlare anche con i compagno di classe di Robertino, la classe III B.
-Io l’ho
visto mentre andavo dal dentista con mio babbo in macchina – dice
tranquillo Pierluigi, un quattrocchi con l’apparecchio – era in
Piazza Grande accanto alla fontana con un uomo sporco.
I
carabinieri lo accerchiano, ma cercano di non spaventarlo
– come
sporco? Non ti ricordi come era fatto?
-
Sporco, ma sporco da lavoro – dice scocciato il quattrocchi – era
alto e moro.
I
carabinieri tornano ad interrogare il padre, un omone con gli occhi
rossi che piange come un vitello scannato. Conferma di avere salutato
Robertino davanti alla fontana proprio a quell’ora.
L’ha
detto pure agli altri carabinieri che lo hanno interrogato il giorno
precedente.
Poi alle
17 la svolta.
Si è sparsa la voce in paese che i carabinieri si sono radunati in massa alla vecchia discarica. Qualcuno ha trovato qualcosa. Interessa molto il “qualcosa”.
Si è sparsa la voce in paese che i carabinieri si sono radunati in massa alla vecchia discarica. Qualcuno ha trovato qualcosa. Interessa molto il “qualcosa”.
Mario
arriva lì ansimante, insieme a una quindicina di persone che
vogliono vedere mentre si delimita il luogo con del nastro bianco e
rosso. Mezzo paese è dietro quel nastro adesso.
Il padre
del bambino è a capo basso appoggiato all’ambulanza. La madre è
dentro che singhiozza senza lacrime come se le mancasse l’aria e
lancia grida come un uccello rapace.
Intorno
solo sporcizia, ferri vecchi, lampade, materassi, frigoriferi rotti
Mario
disperato cerca di scorgere qualcosa, magari il padre, quel
delinquente, ma c’è troppa gente davanti a lui Ma dov’è
Robertino? Dov’è? Sgomita e riesce ad arrivare in seconda fila,
davanti ai compagni di lavoro del padre, increduli.
Uno di
loro si volta e scoppia a piangere, uscendo dalla folla. Mario si
insinua e adesso vede tutto. Proprio tutto.
Una
manina bianca che esce da un rotolo, un tappeto arrotolato.
- Il mio
tappeto! – l’ultima cosa che riesce a pensare. Poi una vertigine
forte che lo schiaccia alla terra e un colpo alla nuca. Mentre tutto
si appanna, divise nere e rosse su di lui e grida ad
ondate:”assassino!”.
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